Chi la dura, la Pinz!

#votapinz

Dall’attivismo, all’attività professionale alla politica attiva. Questi sono i chilometri pedalati da Paolo Pinzuti negli ultimi anni, diciamo dal 2011 ad oggi.

Chi è il Pinz?

Oltre ad essere un amico, Paolo è tra i candidati alle prossime elezioni europee nel partito Europa Verde per la Circoscrizione Nord-Ovest.

Abbiamo deciso di intervistarlo perché crediamo, come lui, che l’impegno politico attivo, all’interno delle istituzioni, sia uno dei passi necessari per dare al nostro Paese una decisa accelerata verso un futuro possibile, anche attraverso la mobilità sostenibile.


#2RR: Come è avvenuto il passaggio alla politica attiva, e perché nel Parlamento Europeo piuttosto che nell’amministrazione locale?

P: La scelta è stata determinata dalla fine di un’illusione: nel mese di marzo sono stato invitato dalla Commissione Trasporti alla Camera a presentare le mie osservazioni sulle modifiche al Codice della Strada – quindi mi sono preparato, ho preso una giornata libera, ho pagato il biglietto per andare a Roma, ho fatto la mia presentazione, dove ho raccontato che 3400 morti all’anno sulle strade italiane sono troppi, un balzello intollerabile; ho spiegato quali sono gli strumenti, riconosciuti dai principali esperti a livello internazionale e scientifico per ridurre l’incidentalità stradale, la mortalità soprattutto- e di fronte a queste riflessioni mi sono ritrovato davanti all’occhio vitreo dei presenti dei membri della Commissione Trasporti.
Sembrava che non capissero neanche di che cosa stessi parlando e ne ho avuto la dimostrazione nel momento in cui la Commissione ha partorito le indicazioni al Parlamento per le modifiche al CdS.
Non è stata accolta nessuna delle richieste, mie e di tutte le altre associazioni di utenti deboli della strada, allora ho pensato: “benissimo, evidentemente fare pressione sulla classe politica esistente non porterà a nessun risultato, quindi per attuare un vero cambiamento bisogna diventare i decisori politici, quelli che prendono le decisioni per azionare e muovere le macchine.


Da quando #2RR ha scoperto che in tutta Italia ci sono persone, gruppi, associazioni e movimenti che attraverso le due ruote tentano di imprimere un cambiamento al futuro del Paese, non sono pochi quelli che, con certosina pazienza, hanno tentato il dialogo diretto con le istituzioni.

I due Paoli, Milano #CambiaStrada 2013

I due Paoli, Milano #CambiaStrada 2013

Pensiamo all’altro grande Paolo nazionale, il Bellino Rotafixa che ha messo la sua esperienza e professionalità a disposizione delle “facce nuove” (e, a posteriori, di tolla) della giunta Raggi; al nostro concittadino Gabriele Del Carlo, tra i fondatori di Bike Pride, che tenta di imprimere una sterzata alle -finora sorde- orecchie della giunta torinese; al dialogo fitto di scintille che Simona Sui Larghetti, anima di Salvaiciclisti Bologna, intavola instancabilmente con gli svogliati inquilini di Palazzo d’Accursio. Persone di idee e background diversissimi per una speranza comune, che viaggia su due ruote.


P: Questo è stato un episodio. Un’altra spinta sono state sicuramente le manifestazioni di piazza di riferimento a Greta Thunberg, i #FridaysForFuture, in cui ho finalmente trovato persone che la pensavano come me. Una politica di largo respiro, diametralmente opposta a quella dello strillo quotidiano a cui siamo sottoposti.

Ho messo insieme i due elementi e ho deciso di candidarmi con il partito dei Verdi nella lista di Europa Verde, perchè sono gli unici che ritengo portatori di valori sani a me affini e che condivido. Pur con tutte le difficoltà del caso, perché chiaramente i Verdi sono un piccolo partito che lotta e fa fatica e che però ha bisogno di diventare quello che è negli altri paesi. Per esempio, Friburgo, Copenhagen e via dicendo sono cambiate nella direzione da noi auspicata nel momento in cui hanno avuto un governo dei Verdi. È stata quindi, la mia, una scelta obbligata in questo senso.

#2RR: Infatti in tutta Europa il partito dei Verdi si aggira intorno al 10{17c081956b6e3eb447b6624e90fca47d4241cd01e0c7cda94c57eb9c3d4dd548} e oltre, ed è in grado di esercitare una pressione rilevante ai fini dell’attuazione di queste politiche. In Italia, invece, assistiamo all’anomalia di un partito Verde che, diciamo eufemisticamente, non brilla come curriculum.

P: Le organizzazioni sono fatte dalle persone che ne fanno parte, e in passato i rappresentanti espressi dal partito dei Verdi non hanno avuto evidentemente la credibilità per portare avanti un progetto.

#2RR: A noi era rimasta impressa la dichiarazione di Angelo Bonelli: “Bisogna liberare i Verdi dall’abbraccio mortale della sinistra”.

P: Potrei rimandarvi alle dichiarazioni su Repubblica della capolista Ska Keller, presidente dei Verdi europei. Ricordo che i Verdi sono l’unico partito transnazionale in Europa. “Noi Verdi siamo la sinistra di tutta Europa”, riporta Keller. Come vedi non c’è un’omogeneità, una linea monolitica valida in tutta Europa; ci sono persone che operano insieme, che hanno visioni differenti, o meglio parole differenti. Se Bonelli ha una posizione, Ska Keller ne ha un’altra, è il gioco democratico.

2RR: Notiamo come, rispetto a questi distinguo posti dai vecchi dirigenti, oggi la piattaforma politica, di fronte all’urgenza del disastro climatico, si sia fatta necessariamente radicale per poter raggiungere dei risultati, proprio per la sopravvivenza.

P: Certo, è un problema che va affrontato e con la massima urgenza. L’IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change dell’Onu – ha appena riportato che se non portiamo a zero il nostro bilancio di produzione di CO2 entro il 2030 ci ritroveremo con un aumento della temperatura terrestre che non riusciremo più a governare, quindi questo è evidentemente molto più importante ed urgente di qualunque altro tema.
È il vero tema della sicurezza. Anche una volta che hai fatto annegare nel Mediterraneo tutti i migranti, anche una volta che hai dato il sussidio di disoccupazione o di cittadinanza o come vuoi chiamarlo a tutti i cittadini o residenti, si pone comunque il problema che se nel cibo hai del veleno, se la tua aria è irrespirabile, tutta quella sovrastruttura, usando una voce cara alla sinistra, è abbastanza futile, no?

#2RR: Da una parte è spaventoso, ma dall’altra è un momento storico interessante.

P: Sì, è un periodo stimolante della storia del mondo. Dalla caduta del muro di Berlino a oggi non ci sono state ideologie, prese di posizioni, sogni. Oggi invece siamo in una condizione tragicamente fortunata.


Paolo è tra i fondatori del movimento #Salvaiciclisti, nato nel 2012 in Italia, da una campagna – Cities Fit for Cycling – lanciata dal Times in Gran Bretagna a seguito del gravissimo incidente subito da una sua giornalista, Mary Bowers, mentre andava a lavoro in bici. Qui e qui alcune delle poche tracce scritte rimaste riguardo all’iniziativa, di cui sul Times non è rimasta, incredibilmente, neanche l’ombra.

Sull’onda del successo di questa campagna, sia in Inghilterra che in Italia, con lo pseudonimo Pietro Pani, Paolo ha pubblicato, sempre nel 2012, il libro Salva i ciclisti (significativo il sottotitolo: “la bicicletta è politica”), il racconto della nascita del fenomeno dal punto di vista italiano: un movimento nato dal basso, grazie al potere aggregante della Rete, che aveva come obiettivo la promozione di città più vivibili, in particolare per la mobilità ciclabile.

Noi abbiamo conosciuto Paolo proprio alla presentazione del suo libro al Circolo dei lettori di Torino in quello stesso anno.

Nel frattempo, nel 2011, a casa nostra – la Torino ex FIAT – nasceva il Bike Pride (qui attraverso i simpatici scatti, anno per anno).

L’attivismo sulla mobilità sostenibile si è trasformato in professione quando Paolo ha fondato Bikeitalia.it. Non solo impegno, ma anche investimento, economico e professionale, nella creazione di un portale, che oggi dà lavoro a 9 persone, di informazione sull’organizzazione della mobilità in città e dell’uso della bicicletta, da cui si sono sviluppate le attività di consulenza rivolta a pubbliche amministrazioni per mettere in pratica il principio della rivista: ‘trasformiamo l’Italia in un paese ciclabile’. Numerose sono state le conferenze sullo sviluppo della ciclabilità e sui relativi vantaggi economici, sulla creazione di linee guida su come attrezzare le città per questo tipo di sviluppo.

La Birretta Elettorale era un piano in incubazione da tempo :-p

#2RR: C’è di buono che molte opacità, certi opportunismi, vecchi schemi, sono stati smascherati e travolti rispetto all’emergere della situazione. Una situazione che nella nostra Valsusa era stata profeticamente avvistata da tempo. Abbiamo constatato con stupore come nelle città, di solito laboratorio per nuove politiche, si sia fermi a un modello di sviluppo, quello delle Grandi Opere, che ha mostrato tutti i suoi limiti, mentre siamo un Paese di piccoli comuni che hanno bisogno di essere collegati in maniera capillare.

P: Occorre mettere in discussione alcuni assunti dell’Otto e Novecento, quando il primato della politica è stato scalzato da quello dell’economia e tutto si è concentrato sul Pil, indicatore unico nella lettura del mondo del lavoro. Abbiamo messo da parte benessere e felicità, per i quali non esistono indicatori di misura nella società. Non tutto può essere misurato in termini economici. È il caso del paesaggio. E anche la questione Tav viene erroneamente interpretata in termini economici, mentre oggi le priorità sono il mantenimento in vita del genere umano e della biosfera, per cui sarebbe importante una riforma dell’investimento energetico.

L’automazione di alcuni settori di lavoro generano, sì, Pil, ma anche povertà nel lavoro. Dunque, è sbagliato l’indicatore di partenza, l’approccio di sistema. Dovremmo andare verso economie ad alto contenuto di forza-lavoro, quindi il settore delle rinnovabili, la logistica, che non vuol dire ragionare solo in termini di posti di lavoro, ma anche di benessere sociale e fruizione del paesaggio.

Occorre, quindi, invertire la rotta dei bisogni. Finora c’è stata al primo posto la tutela dei bisogni economici, ma è necessario dare priorità alla tutela della biodiversità, poi alla cura del sociale, e poi allo sviluppo economico, che deve essere equamente distribuito.

In bici si può anche essere eleganti, tsé.

Chi ci segue da più tempo ricorderà il nostro reportage dal Forum Europeo contro le Grandi Opere Imposte ed Inutili. Il Parlamento Europeo funziona per lobby: gruppi di interesse che spingono, anche legittimamente, delle idee, dei prodotti.
Anche la bicicletta, la mobilità sostenibile, sono dei prodotti, che ci è caro spingere per svariati motivi, tutti ottimi. Non ultimo la spinta verso i lavori che potrebbero creare.


#2RR: Hai già avuto esperienze dirette con il Parlamento Europeo?

P: Qualche anno fa, con un’azione di lobby che ho sostenuto per far rientrare i programmi di ciclabilità all’interno della rete di trasporti strategici europea. Mi occupo di progettazione europea da anni, conosco le dinamiche della UE, del rapporto Commissione-Parlamento. Parlo sei lingue e sono parte di un partito transnazionale europeo, che favorisce le relazioni, quindi le alleanze, che sono la base della politica.

A fare la differenza, nel mio caso, è la rete di attivisti, che mi sostengono da anni, non hanno problemi a mettersi sotto il simbolo di un partito, e sono tanti. Questa è una grande forza.

#2RR: come sta andando a livello di squadra di partito? Occasioni di confronto?

Ci sono molti punti in comune. Veronica Dini, per esempio, da sempre si occupa di reati ambientali; Silvia Pettinicchio, impegnata sulla parità di genere; Elena Grandi, che promuove il verde in ambito urbano, solo per citarne alcuni. Sono orgoglioso di far parte di questo gruppo. Non siamo soli, finalmente ci stiamo organizzando. Da sempre siamo alleati, ma non lo sapevamo.


L’intervista è avvenuta prima della controversia scoppiata in seguito a un articolo che segnalava come alcuni candidati di Europa Verde fossero sostenuti da Fronte Verde, classica operazione di greenwashing di tematiche regressive e reazionarie, cosa che ha causato il ritiro di Pippo Civati dalla campagna elettorale. Non abbiamo i mezzi per l’approfondimento giornalistico che sarebbe necessario, e purtroppo non possiamo fare il lavoro che i media ufficiali non fanno. Una storia per niente chiara, che non fa altro che evidenziare i meccanismi di opacità nella politica e nei media italiani.

L’Europa deve essere altro.

The Future Is Unwritten. It doesn’t have to be that way!

C’è occasione di mandare a Bruxelles qualcuno che parla le giuste lingue.

E che sa cosa dire.

Quindi lunedì 20 sentiamo direttamente il Pinz alla birretta elettorale taurinense.

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