12-17 luglio: da Napoli a Eboli, via Carpineto

La mattina del 12 luglio si saluta Scampia e si riprendono le bici per scendere a Napoli e da lì pedalare in direzione Fisciano.
Scendere, sì, avete capito bene! E stavolta, seguendo i consigli di Francesco, il Giramondo, ce la godiamo ancor di più: da Piscinola fino a Spaccanapoli è una scesa piacevole che attraversa il cuore pulsante di questa città piena di contraddizioni.
Il caldo si fa sentire sul serio, ma la vista del mare ci rinfresca. Sosta in via S.Biagio dei Librai per recuperare le valigie, ma soprattutto per dare l’ultimo morso alla sfogliata!

Con poca fatica usciamo dalla città e attraversiamo la periferia sud. Scampia, nonostante tutto quel che si dice, è una città, i servizi non mancano e la qualità della vita, grazie a molti, sta migliorando; ma il quartiere Barra, con San Giovanni a Teduccio, Ponticelli, ci appaiono nel loro degrado: strade semivuote, cantieri in ogni angolo, case fatiscenti, una periferia dimenticata, forse.

Sfioriamo San Giorgio a Cremano, il paese di Massimo Troisi, ed entriamo a Portici, pedalando paralleli a quella che fu la prima linea ferroviaria d’Italia, la Napoli-Portici, inaugurata nel 1839 da Ferdinando II. Un po’ di storia si può leggere qui.

Costeggiamo la ferrovia percorrendo prima un tratto della SS 18, la vecchia Strada delle Calabrie, poi prendiamo la più comoda Litoranea, ma non sappiamo che dopo pochi minuti ci saremmo ritrovati nel traffico di bagnanti al profumo di creme e olii solari. Ma soprattutto non sappiamo che appena più sopra, verso l’interno la SS 18 diventa il “Miglio d’oro”: un tracciato di circa un miglio che si stende lungo l’antica via Regia, ricco di ville settecentesche.  La strada è in pianura fino a Torre Annunziata, quando ci addentriamo nel territorio: il mare scompare e a farci compagnia ora è una montagna, neanche troppo alta, che se ne sta tranquilla, pulsante di vita con tutti gli abitati che la circondano e quasi escono fuori dalla sua bocca. Siamo sotto le pendici del Vesuvio e il suo sguardo a tratti sembra minaccioso, soprattutto quando la punta è coperta di nuvolaglia.
Decidiamo allora di rifugiarci tra le rovine di Pompei. Ma scopriamo, ahimè, che se ne sta cadendo a pezzi. Ci facciamo due conti e decidiamo di entrare, la prossima volta potremmo non trovarla più 🙂
Un momento…e le bici?

Entriamo in punta di piedi nel mondo antico, con la prudenza di chi ha timore di rompere qualche pezzo, per alcune ore ci estraniamo dal presente: è bello camminare sul ciottolato romano, scrutare ogni2014-07-12 16.10.50 angolo di edificio, immaginare cosa ci fosse stato nei posti vuoti seguendo gli indizi delle pietre. E dall’altura su cui queste pietre sono ancora vive scrutare la piana intorno, con lo sguardo sempre attento del vulcano, che pare ricordarti che una volta, tanto tempo fa, decise che la sua lava si sarebbe quasi unificata alle acque del mare.

Inforcate di nuovo le bici, il nostro viaggio continua in direzione Fisciano, dove ci tocca arrivare in giornata.
Passiamo il confine ed entriamo nella provincia di Salerno. Scafati, Angri, Pagani, Nocera Inferiore: a sinistra la valle del Sarno, terra del pomodoro San Marzano e di frane recenti, campi coltivati, serre a iosa; a destra il massiccio che ci divide dalla Costiera Amalfitana.
E ancora pedaliamo parallelamente ad una delle due diramazioni della linea ferroviaria Napoli-Portici, che arriva proprio a Nocera.
E qui cominciano i dolori: dal livello quasi mare raggiungiamo, ormai in tarda sera, i nostri amici a Carpineto di Fisciano, oltre i 300 m. Che non son tanti, ma sono ripidi, ziofa’ (si dice a Torino)!
Pierpaolo e Lucia ci vengono incontro nel buio, ci accolgono nel loro agriturismo Tenuta Baroni Galdieri e ci rifocillano con amore.
Dal giorno dopo comincia la piacevole e curiosa perlustrazione del luogo. Nato come tenuta di caccia, dove l’antenato di Pierpaolo, un barone appunto, amava ospitare il re Ferdinando di Borbone, venne pian piano trasformato dal nonno in vigneto, salvo poi accorgersi che la monocoltura non era particolarmente adatta a quel terreno.

Non è stato facile avviare l’attività,- ci racconta Pierpaolo- abbiamo impiegato circa sei anni per portarla a queste condizioni di uso attuali e solo ora cominciamo a vedere i primi frutti dell’investimento, per il quale è stato necessario l’appoggio della mia famiglia.

Pierpaolo, 33 anni, è partito da una situazione di vantaggio, l’azienda agricola aveva già le sue radici profonde e questo, secondo lui, è un punto di partenza fondamentale per chi intraprende un’attività simile.
Oggi che cos’è la Tenuta?

Le vecchie stalle sono state trasformate in camere, il garage è diventato la sala-ristorante, ma tutto è stato modificato senza stravolgere la struttura originale- ci spiega ancora Pierpaolo.
I circa 5 ha di terra oggi accolgono produzioni di nocciole -abbiamo la tonda di Giffoni, prodotto IGP-, uva da tavola e da frantoio, olio, noci, castagne e un orto con i prodotti di stagione. E quello che non produciamo lo acquistiamo dai produttori locali, nel rispetto del km 0.

Dal 2010 l’agriturismo è anche fattoria didattica, cosa che permette di stabilire un dialogo più diretto con i bambini che, precisa Pierpaolo, sono dei visitatori molto esigenti, che pongono domande spesso impegnative. Per esempio: “dove avete l’elefante?“, scambiando evidentemente la fattoria per uno zoo!
La curiosità dei bambini è una grande risorsa, ma va alimentata nella giusta maniera, e forse portarli a conoscere una fattoria in campagna non è cosa così scontata, se si vuole che imparino a prendere contatto con la natura e gli animali.
Scherzi a parte, nella tenuta fanno bella mostra tutti animali di piccola stazza, dai cavallini agli asinelli, dalle caprette tibetane alle galline ovaiole.
Pierpaolo, supportato nel lavoro dalla fidanzata Lucia, vecchia amica di Nica, su questa collina fuori dal paese, che sovrasta Fisciano e il campus universitario ha realizzato il suo sogno, forse impossibile per chi invece si scontra per prima cosa con le difficoltà di accesso alla terra, ma altrettanto difficile è l’accesso ai finanziamenti pubblici, rivolti nel suo caso all’acquisto di attrezzi agricoli.
La sua attività, pur se privata, contribuisce però anche a soddisfare uno scopo collettivo, quello di manutenere una parte della collina e dei monti che circondano Fisciano.

Con gli amici Lucia e Per Paolo
Con gli amici Lucia e Per Paolo

Si riparte in discesa dopo appena due giorni. Breve tappa a Baronissi per rifocillarci e farci accompagnare dalla pioggia fino a Salerno. Non stiamo a descrivervi lo stato delle strade allagate, sarebbe troppo lungo dire che l’acqua scende a fiumi, i tombini sono otturati e probabilmente le montagne hanno ormai poche radici a reggere la terra. L’abbiamo detto.
Da Salerno fino a Eboli è una pianura, solo in piccola parte ciclabile, ma pedaliamo in concerto con le onde del mare ed è piacevole. E in effetti il mare salva questo paesaggio industriale semiabbandonato, lontano dai centri abitati, dove la prostituzione prolifera insieme all’abusivismo. Da Battipaglia ci dirigiamo verso i Monti Picentini ma senza penetrarvi. La nostra meta è Eboli, dove ci aspetta La casa di Angiù.

2014-07-17 10.46.32Antonella è un vulcano di idee, ci viene incontro nel centro abitato, lei in macchina i suoi figli in bici, e sono loro che ci portano a casa, grandi pedalatori! Una cascina su una collina in aperta campagna, che molto spesso è rifugio di turisti, gente di passaggio, ciclisti come noi, con una proprietaria che si presta a fare da cicerone per loro.

La casa di Angiù è una casa in cui due sorelle hanno deciso di trasferirsi -ci racconta Antonella-, e da qualche anno è diventata azienda agricola certificata biologica, che coltiva in prevalenza albicocche di varietà vesuviane; la trasformazione in marmellate e succhi di frutta è affidata a una cooperativa sociale del posto, per evitare il replicarsi di laboratori sul territorio e permettere a tutti quelli in funzione di lavorare a regime. La parte orticola per ora è sperimentale, ma ci mette in contatto con i Gas locali.

L’azienda coltiva la biodiversità in collaborazione con il CRA, progetto regionale che mira a preservare le varietà locali

dai ceci di Caposele al cicerale, dalla cicerchia, ancora più antica, alle fave, dai pomodori di Buccino a quelli del Vallo di Diano.  In un solco di terra -dice Antonella-percorri un viaggio di conoscenze, tradizioni, per resistere all’omologazione a cui ci vogliono costringere. Insomma coltiviamo cibo per la mente! È sempre il luogo che ci suggerisce cosa fare. Il nostro, per esempio, è anche una fattoria didattica: quest’anno con i ragazzi delle scuole siamo partiti dalla coltivazione dell’ortaggio, ne abbiamo curato l’essiccazione fino a riscoprire un tipico piatto locale, il ciauliello.

Così i bambini, a contatto con la terra, reimpostano mente e corpo sul ritmo della stagionalità.

Aderire ai protocolli non ha un costo, -ci spiega Antonella- ma l’identità di azienda agricola costa: sarebbe stato utile avere un supporto iniziale ma ciò significherebbe avere un accesso al credito. I finanziamenti hanno tempi lunghi, in realtà oggi sto lavorando per aiutare i miei figli a seguire regole per una utile e corretta impostazione d’impresa, anche sociale, etica, piccola. La prospettiva non è sopravvivere ma vivere di questa terra, mettendo in atto ciò che il luogo suggerisce.

Sperando che prima o poi le recinzioni di confine tra i terreni ritornino ad essere fatte di topinambur (che Antonella ha scoperto essere una pianta infestante!) e non di reti plastificate.

Siamo ospiti della sua adorabile famiglia per tre lunghi giorni, ma sempre troppo brevi per assaporare ancor più il benessere e la genuina compagnia che ci regalano.
Il centro storico di Eboli è una bomboniera in cui quasi ogni pietra2014-07-15 11.35.41 ha la sua storia, in giro lavori in corso e poca gente per via dello spopolamento che molti cuori di città hanno subito negli anni scorsi. Siamo ancora in tempo per ammirare in alto la struttura intatta del Castello Colonna, antico fortilizio svevo, la cui torre, circa un mese fa da quando scriviamo non ha retto ed è crollata. Quando si dice lasciare al popolo solo le briciole…qualcuno dice il maltempo, altri accusano i lavori di scavo per la costruzione, proprio accanto, della casa del Pellegrino. Ma la tragedia ha richiamato intorno a sé tanta gente, che si è sentita coinvolta nella vicenda, consapevole che il castello è un bene che appartiene alla comunità. Tra le macerie è stata ritrovato anche il marmo che decorava la torre. Le pietre non sono solo pietre, parlano e ci raccontano la nostra storia.
Ce ne siamo accorti visitando il Museo Archeologico Nazionale della città, dove è conservata la storia dei passaggi umani sul territorio dal Neolitico fino all’epoca Romana; e ancora guardando con stupore gli scatti di Luigi Gallotta -fotografo ufficiale del Partito Fascista nell’ebolitano-, molti dei quali conservati e fruibili da tutti nell’archivio digitale del Comune, grazie al progetto EBAD: virtualmente sono visitabili tanti percorsi, ma quello più interessante raccoglie gli scatti di donne a lavoro nella terra, quando il Fascismo aveva fatto dell’agricoltura la sua bandiera, ma la Piana era anche terra di tabacco. E le protagoniste erano ancora loro, le tabacchine.

Scatto di Luigi Gallotta, archivio EBAD
Scatto di Luigi Gallotta, archivio EBAD

E non si può certo trascurare il ruolo del mare ad Eboli. Quel mare dove sbarcarono, quasi fossero delle Veneri, gli Alleati nel settembre 1943 con l’imponente Operation Avalanche. A ricordarlo oggi il MOA, il museo ospitato nel Convento di S. Antonio che raccoglie fotografie e documenti d’archivio del primo grande sbarco della storia, ricostruito all’interno di una sala emozionale molto suggestiva.

Se nel ’43 dal mare arrivarono gli Americani che avrebbero liberato Napoli, oggi da quello stesso mare giungono brutte notizie: è proprio sulla spiaggia di Eboli che conosciamo l’agguerrito gruppo femminile che con Legambiente si oppone alla Grande Opera promossa dalla Provincia di Salerno contro l’erosione della costa. Loro sono le donne No Tonz: Maria Grazia, Pina, Dorotea… che ci raccontano la vicenda di questi 44 pennelli che la Provincia vorrebbe costruire, ma non per ridipingere il mare, no! Per fermare, dice qui, l’erosione dei circa 37 km di costa del Golfo di Salerno.
Del Grande Progetto in difesa del litorale salernitano avevamo già parlato qui la scorsa estate. Cosa sappiamo oggi in più? Che la UE, che impegna 50 dei 70 milioni di euro per la realizzazione, l’ha approvato: le 44 barriere rigide a T lungo il litorale tra Capaccio e Pontecagnano realizzate con massi calcarei di 15 milioni di t verranno perciò realizzate.
Il Comitato Rinascimare, insieme con No Tonz e i Circoli di Legambiente dei paesi interessati, non si sono però rassegnati e vogliono cercare un dialogo con la Provincia, le cui proposte sono alquanto obsolete: il sistema non garantisce l’ossigenazione delle acque e cambia la morfologia della costa, che per altro non è interessata al fenomeno dell’erosione in modo omogeneo. Manca una visione sulle cause dell’erosione: non è previsto infatti alcun intervento sui fiumi, che non garantiscono più l’apporto dei detriti. Legambiente propone di lavorare sulla Duna, che una volta forniva la sabbia, liberando la litoranea dall’essere la principale arteria del traffico. Si eviterebbe così di fornire ancora una volta un incentivo alla cementificazione di terra -evitando che anche la balneazione se ne vada in vacanza :)- e pure di mare! Sarebbe più opportuno, dunque, intervenire direttamente sui fiumi riattivando anche la manutenzione degli spazi pubblici.
Intanto il Comitato Rinascimare sta scrivendo una denuncia alla Comunità Europea per infrazione all’habitat, perchè sul territorio interessato insiste una riserva di interesse comunitario, la Riserva foce Sele-Tanagro.

Pochi km più a sud lo stupore si impossessa di nuovo di noi: dalla

Ecco a voi Paestum!
Ecco a voi Paestum!

litoranea scorgiamo le mura dell’area archeologica di Paestum, sito Unesco dal ’98.
Questa sì che è una Grande Opera!!
Abbiamo la fortuna di dormirci quasi dentro, grazie all’ospitalità del Circolo Legambiente del paese, un’emozione difficile da descrivere. E prima di ripartire scopriamo Paestumanità, la campagna nazionale di raccolta fondi, lanciata nel 2012 per l’acquisto di terreni privati dell’area archeologica, di cui attualmente 95 ha dei 120 sono privati, quindi non accessibili ai visitatori, e molti sono sottoposti ad agricoltura intensiva.
Oggi gli azionisti della campagna sono circa 500, tra i quali nomi importanti.
E Paestumanità è anche Osservatorio sulle politiche territoriali della Piana del Sele, gestione dell’Oasi Dunale, opposizione al diffuso abusivismo sul territorio, disboscamento dell’area che circonda le mura della città antica, ancora non totalmente fruibili. E si comincia a parlare di Parco Archeologico Diffuso.

Insomma, noi ci crediamo, per cui nell’estate che verrà ritorneremo a Eboli per fare un tuffo in mare, senza saltare nei tonz’! 🙂

 

 


 

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