Eravamo rimasti a Paestum, nel bel mezzo degli scavi archeologici.
La mattina del 18 luglio si riparte, diretti a Tortora, dove incontreremo Biagio Accardi.
Sappiamo ormai che sarà l’ultima settimana di viaggio. Tristi? Non ancora, ci aspettano altri incontri. Ma consapevoli che il viaggio è alla fine, sì. Ignari, però, che dovremo affrontare ancora una delle tappe più impegnative. Senza dubbio la Calabria ci riserva molte sorprese!
Paestum-Ascea in bici: costeggiamo il mare per alcuni km, fino ad Agropoli, dove si comincia a salire circumnavigando il promontorio che la divide da Santa Maria di Castellabate. È luglio e le spiagge cilentane sono affollate di turisti e indigeni in costume.
Ora, chi ha detto che in Cilento c’è il mare? Ne vediamo ben poco, dopo Agropoli si comincia a salire: in realtà sono altezze da colline massicce, ma le pendenze e la lunghezza ci sfiancano, soprattutto sotto il sole di mezzogiorno. Fino a San Nicola a mare pedaliamo a denti stretti, poi la discesa e un panino ci rimettono in sesto! Torniamo a rivedere il mare pedalando in pianura e godendo di qualche piacevole e improvvisa discesa, attraversando Agnone, Acciaroli, Marina di Velino, Marina di Ascea, accompagnati da qualche tratto di pista ciclabile. Qui decidiamo, o meglio il poco tempo a disposizione decide che è meglio prendere il treno se vogliamo arrivare a Tortora in tempo per la cena 🙂
Stazione di Ascea: caldo “azzeccoso”, bagnanti in ritirata, africani, asiatici, che -scopriamo poi- sono diretti a Scalea con i loro sacchi, di
ritorno da giornate di lavoro nei campi, o in procinto di cominciare la serata di lavoro a vendere chincaglieria sui lungomare affollati.
E il sud ci dà il suo benvenuto con il primo ritardo del treno regionale diretto a Paola. Pazienza, tanta pazienza!
E da qui in poi per qualche giorno i nostri piedi si riposano. Attraversiamo il bel Cilento, ahimè, in treno, per raggiungere in serata Tortora, dove ci accoglie Biagio Accardi, cantastorie calabrese.
In Campania, tra Napoli e il Cilento, i nostri corpi hanno danzato sui pedali al ritmo di un’aria in continuo movimento, chiacchierina, vivace, mai ferma, come lo spirito dei campani conferma. In Calabria la prima sensazione è quella di essere entrati in uno spazio più austero, impegnativo, nonostante ci pervada anche qui il profumo estivo della natura misto a quello delle creme solari!
Ma il sud è un po’ così: si balla, si canta, la gente pare più accogliente, se non entri a casa si offende, e se non bevi un bicchiere pure, però il paesaggio che ti circonda sembra ricordarti che qui la vita non scherza.
Da Biagio troviamo nuovi amici: Christian e Maria, la coppia austriaca in giro per l’Italia; giovani calabresi, e un altro cantastorie “infiltrato”, Franco Picetti, che da Genova è sceso per partecipare a Viaggiolento 2014.
Abbiamo conosciuto Biagio sul web -come si dice ora- alcuni mesi prima di partire e in un attimo ci siamo ritrovati ospiti del festival che organizza ormai da alcuni anni nella sua terra: nei mesi estivi, in compagnia della sua asina, Cometina, riempie il basto di poche necessità e gira tra i paesi del Parco Nazionale del Pollino, tra Calabria e Basilicata, in modalità “viaggio lento”, proseguendo la tradizione del cantastorie che si sposta da una piazza all’altra per portare il suo spettacolo itinerante. Un percorso che entra nella natura “in punta di zoccolo”, dove il tempo ritrova il suo equilibrio con l’uomo e l’uomo torna ad ascoltare la sua terra, lontano dai fragori cittadini.
Biagio, come tutti i cantastorie, assume una visione olistica del mondo, mista tra l’ironia e la tragicità quotidiana di una realtà in crisi, economica e di valori. Dove, però, sostiene lui, le utopie sono realizzabili! Noi l’abbiamo visto all’opera con il suo ultimo spettacolo, Kairòs, che ha portato anche in terra sabauda, e di cui abbiamo ampiamente scritto qui.
Ma nell’estate 2014 abbiamo avuto il privilegio di condividere con lui un assaggio musicale del suo lavoro e ve lo proponiamo in questo video, diciamo così, partecipato 🙂 (con Daniele e Franco Picetti).
Anche quest’anno il cantastorie è in procinto di partire e noi speriamo di seguirlo: dal 3 al 12 luglio prossimi si metterà in cammino, in compagnia di tutti quelli che lo vorranno seguire.
Qui il programma 2015!
La SS18 non è una strada per bici: il tratto in direzione Paola ha diverse gallerie e le auto in genere scorrono molto veloci -in estate diventa un cimitero di turisti e di giovani-, perciò scegliamo molto saggiamente il treno da Tortora per Castiglione Cosentino (con cambio d’obbligo a Paola), a due passi dall’Università di Cosenza.
Una trentina di km percorsi in collina ed entriamo nel mondo arbereshe. A San Benedetto Ullano ci aspettano Lenin e Donatella, con le loro due bimbe.
Dopo una breve e dolce salita, circondati dal verde dei monti, entriamo in un bosco: la frescura ci rasserena e placa il sudore, a sinistra scorgiamo due roulottes, più avanti riconosciamo alcuni elementi di una casa. Sì, all’aperto: una cucina in canne di bambù, le roulottes sono le camere da letto, la toilette è tra gli alberi -Lenin presto si premura di indicarci pala e zappa per l’uso!- e nel torrente facciamo un bagno tonificante che è una goduria indescrivibile. Loro, invece, con l’arrivo della seconda bambina, hanno pensato di ristrutturare la vecchia casina della nonna di Lenin per dare un luogo più confortevole alle bimbe.
A cena si chiacchiera e si suona l’organettu, e scopriamo che Lenin è
un esperto degli strumenti antichi calabresi, come la surdulina. Ci racconta che la sua famiglia è di origine arbereshe, e qualcosa della cultura greco-bizantina, soprattutto nei riti religiosi, nelle danze e nella musica, ancora è viva.
Ma cosa ci fa una coppia giovane con due figlie in un bosco?
La Calabria è la loro terra e, dopo diverse esperienze in giro per l’Italia in comuni, Lenin e Donatella decidono di ritornare per vivere la loro vita qui: intanto lui ha imparato a costruire un forno in terra cruda, lei ha una conoscenza invidiabile sulle erbe officinali, qui fanno l’orto con cui si sostengono, la legna, lavori saltuari per avere un po’ di soldi per le spese, e stanno tirando su due bellissime bimbe, la più grande è una puffetta deliziosa che cammina a piedi nudi nella terra e conosce così bene i sentieri intorno a casa che ci prende per mano e ci accompagna nella notte verso la nostra roulotte.
Il tempo per stare con loro è davvero poco, la mattina dopo si riparte: prendiamo il treno diretti a Vibo Valentia.
Il caldo si fa sentire e non sappiamo ancora che ci aspetta una delle tappe più dure del viaggio.
Stazione di Vibo-Pizzo deserta, è ora di pranzo, il bar è aperto e prendiamo un panino, facciamo in tempo a scorgere una lapide dedicata agli operai morti nella costruzione del doppio binario negli anni ’70 e partiamo. Orario peggiore per cominciare una salita ma dobbiamo pedalare, entro sera ci aspettano a Torre di Ruggiero.
Circa 8 ore di pedalate che, a riguardarle sulla carta sembrano nulla, ma il territorio calabrese, tolta la linea di costa, è assai montuoso. Dopo pochi km dalla stazione, infatti, si comincia a salire: alziamo lo sguardo e vediamo il ponte dell’autostrada A3. Ecco, dobbiamo arrivare lassù. E poi salire ancora. Le strade sono vuote, ci siamo solo noi, solo a Filogaso incontriamo qualche anima sorridente, in paese ci sono i preparativi per la processione della Madonna del Carmelo e sull’asfalto sono sparsi mosaici di fiori colorati. I paesi sono separati da diversi km, entro i quali c’è solo natura verde; il successivo è San Nicola da Crissa e qui siamo tra i 6-700 metri di livello. I paesi sono vecchi, un po’ spenti, ma proprio a S. Nicola ci capita di bucare una ruota (quella di Nica!) e siamo costretti a fermarci per ripararla. Sono quasi le 8 di sera e pensiamo di essere
in arrivo e invece…da un terrazzo una signora molto cortese, di quelle meridionali ( 🙂 ) ci invita a salire per sgrassare le mani e ci dice: “Ma dove dovete arrivare?” “A Torre, signora”. “Ma è lontana, vi fa notte per la via!”.
Siamo così certi che non arriveremo tanto presto. La salita finisce su Monte Cucco a 885 m. Da lì cominciano 7 km di discesa, che facciamo completamente al buio, alle 10 di sera, con l’unico fanale funzionante di una sola bici. Dietro di noi abbaiano cani, non vogliamo pensare che nel bosco si nasconda qualche cinghiale.
Sentiamo finalmente la voce amica di Giuseppe De Luca, che dice di aspettarci sul balcone della sua casa. E infatti lo vediamo: siamo salvi a Torre di Ruggiero!! 40 km, che sarà mai, direte voi, ma vi assicuriamo che ne sono almeno 33 tutti in costante salita!
La mattina dopo comincia l’esplorazione: la prima tappa è nel suo orto sinergico, dove si cammina su un tappeto di trifogli osservando la maniera in cui le piante si danno sostegno a vicenda, come i fagioli che si appoggiano al granturco, e poi melanzane, peperoncino di Diamante, ceci neri, piselli, zucchina del Pollino, luffa per fare le spugne vegetali; in un angolino c’è un semenzaio, dove Giuseppe sta avviando un esperimento per il recupero del seme su piante perenni come la maggiorana, la menta, la cipolla, la melissa.
Il mio percorso di decrescita felice -come la chiamano oggi- credo sia cominciato già quando vivevo ancora a Bologna -ci racconta Giuseppe mentre siamo nel suo orto-; pian piano è arrivata la consapevolezza che volevo tornare qui. Ho ripreso a fare il pane e quindi mi son chiesto come coltivare il grano. Mi sono messo alla ricerca dei semi con l’intenzione di costruire una sorta di banca del seme che fosse utile alla collettività. Sono entrato in contatto con il mondo della permacultura seguendo un corso in Sicilia, dove sono più avanti.
Per fortuna qui qualche vecchietto che ha i semi ancora c’è. Ora nell’orto ho piantato la segria, un grano antico calabrese, il cui seme viene dal Pollino portato da Yvonne, una giovane ricercatrice che in bici ha percorso il Viaggio Lento con Biagio Accardi.
E così tutto torna.
Giuseppe ha ristrutturato un piccolo appartamento nella casa di famiglia e sta cercando di renderlo a impatto zero: per ora c’è un bellissimo forno a legna in cui cuoce il pane fatto col lievito madre; usa la cenere per fare la liscivia per il bucato e si sta attrezzando per realizzare il sapone di soli olio e cenere.
Il vantaggio di una proprietà di casa e di terreno e una solida tradizione contadina sono state spinte importanti per lasciare Bologna.
Ho cominciato con un ritorno a tappe, dal 2006, che mi ha permesso di prepararmi al cambiamento; in un paese di 1300 anime l’inverno è lungo!
L’incontro-scontro con la tradizione contadina familiare è ancora da superare, e nuove tecniche colturali sono ancora viste con diffidenza dal papà, ma la mamma (ché le mamme son sempre più avanti 🙂 ) ha cominciato a sperimentare in un angolino il suo orto sinergico.
Anche in Calabria è nata la Rete Permacultura Calabria e l’idea di Giuseppe è che
L’Italia dovrebbe ripartire dall’entroterra, dai semi, a livello colturale e culturale, in questi luoghi non ancora corrotti da meccanismi che vogliono imporre la santità del commercio fine a se stesso.
Per inciso, proprio parlando con lui abbiamo scoperto che Torre di Ruggiero fino a qualche anno fa era il paese più povero della Calabria, ma a quanto pare si contendeva il titolo con Nardodipace.
Da Giuseppe ci siamo sentiti come a casa, i suoi genitori ci hanno coccolati come fossimo i loro figli, abbiamo conosciuto molti suoi amici e partecipato con lui alla panificazione.
Ma la sua speranza è che possano tornare a funzionare i mercati rionali, che potrebbero essere un utile sbocco per incrementare il
suo reddito, al momento nullo.
Anche la musica fa la sua parte in questi tre giorni e unisce il cantastorie piemontese con il codino rosso a 5 corde dei Parafonè, Domenico Tino!
Insomma, in Calabria abbiamo scoperto I Sognatori! Nonostante le difficoltà alcuni giovani pian piano ritornano o stanno progettando di farlo, hanno creato un’associazione, che unisce anche gente da Chiaravalle e Cardinale, quasi per trovare un pretesto per scendere più spesso dalle città. Ed è così che si comincia. E si comincia anche da chi può dare qualche consiglio d’esperienza.
Come Giuseppe De Luca “senior”, papà di Mimmo, un insegnante anche lui “Sognatore”: quando andiamo a trovarlo nella sua casa a Torre lo troviamo nell’orto, fazzoletto in testa, zappa finché c’è luce.
Non ci vede subito, è ormai sordo, ma appena si accorge di noi lascia la zappa e viene a salutarci, accompagnandoci a conoscere tutte le piante che ha.
Ma la sorpresa più grande è in casa dove, seduto alla sua poltrona, comincia a sfogliare i diari che ha scritto e raccolto in tanti anni. Faceva il falegname, ed ha ancora la sua bottega in casa, ma sapeva leggere nella sua vita la filosofia e le sue agende-diario sono piene di pensieri che scavalcano la realtà pur rimanendovi dentro ben saldi.
E il nostro pensiero va all’Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano…
I Sognatori, ancorati alla realtà calabrese di oggi e trainati dal Presidente Giuseppe De Luca junior, stanno lavorando alla gestione di una biblioteca a Torre
La gente del luogo -ci dice Giuseppe- sta imparando a capire chi siamo, che lavoriamo gratis. Oggi va meglio, e la prospettiva è che l’associazione si autofinanzi con i contributi della gente.
Staccarsi da Torre non è facile, dopo tre giorni così intensi, e in più sapere di partire con la pioggia non dà una grande gioia… Almeno stavolta il percorso è quasi tutto in discesa, e l’unica deviazione all’andata è quasi alla fine, quando prendiamo per il lago di Angitola e in un batter d’occhio siamo sulla Statale, dove decidiamo di raggiungere la stazione di Lamezia Terme: le auto ci scorrono continuamente a fianco ma per fortuna non c’è troppo traffico, a Lamezia saliamo sul regionale per Diamante, con cambio a Paola.
È il 23 luglio, il nostro viaggio è quasi al termine, ma abbiamo il tempo di fare ancora una tappa a Sagarote, in questo arcipelago in cui ruotano tante persone. Sulla collina che guarda Diamante, Luciana, la mamma della casa, gestisce un po’ tutto. E qui, con il suo
aiuto, prende vita una delle tappe di Viaggiolento, diretto a Grisolia.
La sera siamo loro ospiti, si canta e si balla mentre Biagio fa la pizza e Nicozazo realizza un bellissimo murale su un angolo della casa.
E così si conclude il nostro viaggio…ma per fortuna è solo l’andata.
Al ritorno verso Torino qualche sosta è d’obbligo, e abbiamo fatto in tempo a collezionare altre belle sorprese!
Non è finita qui, andremo ancora in Basilicata, torneremo in Lazio e faremo capolino in Romagna, perciò, seguiteci ancora!! 🙂