Venezia, Caorle

Da Dolo andiamo via la mattina del 15, ma i ragazzi ci aspettano a breve per dare una mano a ricostruire. Ne hanno davvero bisogno.
Ci aspetta una tappa lunga, stimolante ed esaltante: abbiamo deciso di attraversare Venezia per raggiungere Caorle, cittadina che si affaccia sulla laguna. In verità alcuni di noi vorrebbero arrivare a Caorle via terra per evitare ritardi di cambio vaporetti, ma la bici è mezzo lento, che per occhi ha due ruote con tanti raggi, proprio per permetterle di essere sempre vigili sulla strada e osservare il paesaggio. E così la maggioranza di noi vota NO alla strada 🙂
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E allora facciamo un primo tratto immersi nella riviera del Brenta per sbucare poi, dopo 26 km, a Venezia; non prima di aver attraversato l’area industriale di Marghera, aver immortalato il nostro passaggio con una foto davanti al CSOA Rivolta, centro sociale occupato e autogestito, e infine aver pedalato sul Ponte della Libertà.


Contrariamente al nome che porta, è un ponte proibito alle bici: due corsie per carreggiata e una monorotaia per il tram. Non c’è spazio per le due ruote a pedali, ma noi, ribelli, ce lo siamo preso comunque, e appoggiamo in pieno la protesta locale dei mesi scorsi a favore della realizzazione di una pista ciclabile.
Tanto per dire: le Grandi Navi possono entrare in laguna nonostante l’inquinamento che provocano, mentre con le bici non si potrebbe accedere neanche via terra, né dal suddetto ponte né caricandole sui mezzi pubblici. E non tutti i battelli caricano le bici!
Insomma se volete fare una rivoluzione fatela con le bici, non con i carri armati né con le automobili 🙂
Impieghiamo qualche minuto per trovare il nostro ferry, dove possiamo caricare anche le bici, fino a San Nicolò, godendoci gli angoli marini di Venezia e scoprendola poco per volta. Raggiungiamo S. Elisabetta per salire sul secondo battello che ci porta a Punta Sabbioni. Naturalmente vogliamo fare un bagno a mare! Intanto ci raggiunge in bici Giorgia, la nostra guida locale che, mentre ci mostra il progetto Mose (almeno ciò che è stato finora realizzato), ci accompagna in una caletta dove finalmente ci tuffiamo, stando ben attenti a non battere la testa nella sabbia e a non farci pizzicare dalle meduse 🙂
Giorgia ci guida fino a Caorle attraverso un esteso paesaggio lagunare, tra ciclabili e strade di paese, vecchie cascine, torri telemetriche ottocentesche e consorzi di bonifica. Non per niente la nostra guida fa parte del comitato Difendiamo il paesaggio! E infatti a Brian (e non di Nazareth 🙂 ) incontriamo il resto del comitato di cui siamo ospiti, proprio nel 25esimo compleanno del Movimento No Tav!
La serata è dedicata al confronto con alcune associazioni del territorio, come quella che sta portando avanti a Portogruaro la battaglia contro le centrali a biomassa, che si stanno diffondendo a vista d’occhio nell’area. Il Veneto ha una storia di lotta popolare più recente di quella valsusina, infatti i comitati lamentano poca partecipazione cittadina e guardano al movimento No Tav della Valsusa come un esempio da imitare, invidiandone la capacità di essere riuscito a coinvolgere tutta la comunità nella lotta.
In Valsusa infatti i primi comitati di lotta nascono nella metà degli anni ’90, in opposizione ad un progetto che poggia le sue radici in un’idea della Fondazione Agnelli, che vedeva nel triangolo industriale Torino-Lione-Marsiglia il più grande polo industriale d’Europa fin dagli anni ’80. E perciò aveva pensato ad una linea merci, essendo già garantito il servizio passeggeri con il TGV. Oggi il 90{17c081956b6e3eb447b6624e90fca47d4241cd01e0c7cda94c57eb9c3d4dd548} dei comuni della valle si oppone al Tav: ai rischi provenienti da polveri e amianto nelle rocce, si aggiungono i costi sempre più alti dell’opera; un esempio è il tunnel di collegamento di 57 km tra Susa e la Francia, che ha raggiunto un costo di 20 miliardi senza che ancora ne sia stato scavato un cm.
In Veneto, invece, i ragazzi che ci ospitano ci raccontano che la mentalità cittadina è ancora molto chiusa, come dire che ognuno pensa al proprio giardino, ci si sente un po’ sudditi dei signorotti locali e della Chiesa, che ha ancora molta influenza. E ciò condiziona i comitati locali, che si sfaldano con facilità.

Qui, e non solo, la Valsusa è il modello che è stato in grado di ricostruire una comunità e da più parti si ritiene che questo sia stato possibile grazie alla radice partigiana di quelle montagne.
Ma quanto davvero la Resistenza ha influenzato la nascita del Movimento? Certo, una radice storica forte c’è, ma un movimento che nasce negli anni Novanta, dopo aver attraversato una fase di industrializzazione selvaggia e un benessere incontrollato, in un territorio molto, troppo vicino a Torino, dopo una lunga convivenza con infiltrazioni mafiose nella politica locale, ha dovuto fare davvero un lungo lavoro sul territorio per rinnovarne i valori, che è andato oltre la resistenza partigiana e ha provato a ricostruire una consapevolezza civile e politica di comunità.

Anche in Veneto ormai si sponsorizza il Tav come linea ad alta capacità con lo slogan: TAC, una stazione per le spiagge del Veneto. Ma qui la gente, oltre al lavoro dei comitati, pare propensa alla realizzazione delle Grandi Opere, perché crede che siano incubatori di lavoro e che l’Italia possa e debba andare avanti con esse. Il “ricco” Nordest è ancora troppo ricco per capire che queste opere sono solo incubatori di soldi sporchi e che non si concludono mai per lasciare spazio alle tangenti.

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Incontro a Caorle

Scritto in viaggio

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